Era l’antivigilia di Natale del 2008 quando il TAR della Sardegna accoglieva il ricorso dell’Associazione delle Case di Cura Private e abrogava il capitolo di riordino della rete ospedaliera contenuta nel Piano Regionale dei Servizi Sanitari (PRSS) 2006-2008. La motivazione, tanto ineccepibile quanto puntigliosa, era stata la mancata consultazione della Conferenza Permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria (sempre coinvolta nell’ambito dell’ampia discussione della proposta di PRSS avviata fin due anni prima della sua definitiva approvazione), all’atto dell’ultima modifica del provvedimento di riordino della rete ospedaliera inviata dalla Giunta Regionale alla competente Commissione Consiliare.
La bocciatura del piano di riordino della rete ospedaliera ha assunto a posteriori una valenza fortemente simbolica e ha segnato l’avvio dell’involuzione dell’intero quadro di programmazione sanitaria regionale.
È facile dimostrare che le vere ragioni di quel ricorso, al di là delle irregolarità procedurali, non fossero solo da ricercare nella presunta sperequazione del taglio dei posti letto (722 complessivamente tra pubblico e privato): se è vero, infatti, che i posti letto privati erano stati ridotti in misura percentualmente maggiore rispetto a quelli pubblici (21% vs 7%), era noto come una grande parte di quei posti letto fossero fittizi, non mostravano cioè una reale capacità erogativa (tasso medio di utilizzo del 57%), ma erano comunque rivendicati dai rispettivi conduttori alla stregua di una dote esclusiva e inalienabile ereditata dal precedente sistema delle convenzioni.